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RAPPORTO ISTAT: NOVE GRUPPI SOCIALI PER CERCARE DI CAPIRE MEGLIO UN’ITALIA PROFONDAMENTE CAMBIATA

Nell’epoca della grande crisi la struttura sociale dell’Italia è divenuta molto più complessa, le tradizionali categorie o classi non sono più adeguate a rappresentare la sua articolazione. Per questo l’Istituto nazionale di statistica, nel suo 25° rapporto annuale presentato oggi a Roma, ha provato a suddividerla in nove gruppi sociali, con un approccio “multidimensionale”: alla componente economica (reddito, condizione occupazionale) sono state associate quella culturale (titolo di studio) e quella socio-demografica (cittadinanza, dimensione della famiglia, ampiezza demografica del comune di residenza). Il reddito (il reddito equivalente, per l’esattezza, cioè quello rapportato alle condizioni reali delle famiglie) resta l’elemento prevalente ma non esclusivo e questo, spiegano all’Istat, ha consentito di allargare molto il campo visuale e allo stesso tempo di andare più in profondità. I nove gruppi, secondo la terminologia del rapporto, sono: giovani blue-collar; famiglie degli operai in pensione (questi primi due considerati a reddito medio); famiglie a basso reddito con stranieri; famiglie a basso reddito di soli italiani; famiglie tradizionali della provincia; anziane sole e giovani disoccupati (questi quattro considerati a basso reddito); famiglie di impiegati; pensioni d’argento; classe dirigente (gruppi considerati benestanti). L’Istat osserva che la perdita del senso di appartenenza a un classe sociale ha investito con più forza classe operaia e piccola borghesia, che si ritrovano frammentate in più gruppi dei nove, mentre la classe media impiegatizia è ben rappresentabile (l’83,5% si ritrova nel gruppo “famiglie di impiegati”) e così pure la borghesia all’interno del gruppo “classe dirigente”.

(Fonte: Agensir)

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