CRISTO È VERAMENTE RISORTO.

LA VITA HA VINTO. E VINCERÀ ANCORA

Viviamo un tempo che sembra sospeso tra il Calvario e il sepolcro. In questo tempo di crisi, la Pasqua – nella sua forza liberante – rischia l’eclissi. Non come rito liturgico, ma come dinamica storica, politica e spirituale. Le guerre si moltiplicano, i civili muoiono in silenzio, le parole della pace vengono ridicolizzate, e le coscienze sembrano stanche. Eppure, è proprio ora che bisogna riscoprire la Pasqua come energia trasformativa, come risurrezione delle coscienze, come profezia per il mondo.
Ecco il tempo che stiamo attraversando: non è solo crisi, è eclissi. Un’oscurità che non viene dalla notte, ma dall’indifferenza. Una Pasqua senza risurrezione. Una vittoria senza vita. Una civiltà che rischia di cantare l’“alleluia” su un cumulo di rovine.
Ma se lo riconosciamo, allora possiamo ancora scegliere. Possiamo alzare lo sguardo. Possiamo ritrovare il coraggio di custodire la memoria, la Costituzione, la dignità. Possiamo ridire, con forza, che la Pasqua non è finita: sta solo aspettando che qualcuno la riporti alla luce, con la vita, con la giustizia, con la speranza ostinata dei testimoni.

LA GUERRA COME CROLLO DELL’UMANO «Che vittoria sarà – ha chiesto Papa Francesco – quella che pianterà una bandiera su un cumulo di macerie?». La guerra, che un tempo colpiva gli eserciti, oggi stermina i civili: nella Prima Guerra Mondiale erano il 5% delle vittime; nella Seconda il 50%; oggi sono il 90%. Questo dice tutto: la guerra non è più un conflitto tra poteri, è un attacco all’umanità. E in questo crollo generale si trascina anche la Pasqua, oscurata, rimossa, marginalizzata.

LA PACE ECLISSATA La cultura della pace, per anni difesa come bene supremo, è sparita dal dibattito pubblico. Le parole di odio e le strategie di guerra dominano le analisi geopolitiche. Eppure, nessun conflitto ha mai costruito una civiltà. La guerra brucia il futuro. La pace, invece, lo genera. Ma serve il coraggio di ridarle voce.

LA COSCIENZA SILENZIATA Oggi la cronaca racconta la guerra, ma non sa più interrogarsi sul suo senso. È venuta meno la dimensione spirituale, quella che aiuta a distinguere il bene dal male. Eppure, la coscienza – personale e collettiva – rifiuta il paradigma della guerra. Basterebbe un referendum dei popoli per capire che la maggioranza ripudia la guerra. Solo i potenti la vogliono.

LA VOCE PROFETICA DELLA CHIESA Papa Francesco, come i suoi predecessori, dice no alla guerra. Non per ingenuità, ma per adesione a un altro piano: quello della fraternità universale. Non si tratta di neutralità, ma di profezia. La Pacem in terris di Giovanni XXIII, le encicliche di Benedetto XV, Pio XI e Pio XII, i gesti di Francesco e dei suoi inviati – come la croce portata da Irina e Albina, o il Cardinale Krajewski inginocchiato a Borodjanka – dicono chiaramente: la pace è possibile, è necessaria, è urgente.

FRATERNITÀ, POLITICA E RESURREZIONE La proposta della Chiesa non è ideologica: è pasquale. Si fonda sulla risurrezione, non come evento mistico, ma come dinamica storica. Non è “terzismo”, ma una scelta radicale: aderire alla logica della fraternità come processo politico. È questa logica che consente di distinguere vittime e carnefici, verità e propaganda, giustizia e vendetta.

LA FORZA DISARMANTE DELLA PASQUA La Pasqua non è un’esperienza soggettiva. È una trasformazione sociale, UN EVENTO CHE TOCCA LA STORIA. ROMPE IL SILENZIO DEL SEPOLCRTO MA ANCHE QUELLO DELLE COSCIENZEE ADDORMENTATE, La risurrezione si riconosce nei suoi effetti: coscienze che si rialzano, relazioni che si ricompongono, scelte che smentiscono la logica della morte. sono incontri reali, che trasformano vite, ridanno voce ai muti, coraggio ai pavidi, speranza agli sconfitti. Scegliere la Pasqua significa prendere parte, agire, ricominciare dall’umano.

UNA NUOVA GRAMMATICA PER LA POLITICA Per questo, serve introdurre nel dibattito pubblico le categorie spirituali. Non per sostituire l’analisi politica o sociologica, ma per illuminarla. Senza parole come giustizia, compassione, fraternità, speranza, anche la migliore teoria politica resta cieca. Solo se lasciamo riapparire la luce della risurrezione, la politica potrà ritrovare la sua dignità.

Viviamo nel tempo dell’eclissi. Ma l’eclissi non è la fine: è solo un’ombra che passa. La luce della Pasqua è ancora possibile. Va riconosciuta, custodita, rilanciata.
Ma c’è una condizione: occorre scegliere il proprio posto, assumersi la responsabilità, non delegare. Non basta ammirare da lontano. Bisogna ricominciare dall’umanità, quella che ogni donna e ogni uomo porta con sé, ferita e splendida, fragile e desiderosa di giustizia.
La guerra non è destino. La pace non è utopia. È il tempo del coraggio. È il tempo della profezia. È il tempo di gridare, con tutta la forza possibile: Cristo è veramente risorto. La vita ha vinto. E VINCERA ANCORA

Ricominciare dalla risurrezione

Nella Scrittura, la risurrezione non è un’esperienza privata, mistica, soggettiva. È un evento che tocca la storia. Che rompe il silenzio del sepolcro, ma anche quello delle coscienze addormentate. Le apparizioni del Risorto non sono illusioni consolatorie: sono incontri reali, che trasformano vite, ridanno voce ai muti, coraggio ai pavidi, speranza agli sconfitti.

È lì la forza della Pasqua: non nella dimostrazione, ma negli effetti. Se il Crocifisso è vivo, allora nulla è perduto. Se Cristo è risorto, allora la vita vince davvero la morte, anche quella che attraversa le città bombardate, le coscienze spente, le relazioni lacerate.

Ma c’è una condizione: occorre scegliere il proprio posto, assumersi la responsabilità, non delegare. Non basta ammirare da lontano. Bisogna ricominciare dall’umanità, quella che ogni donna e ogni uomo porta con sé, ferita e splendida, fragile e desiderosa di giustizia.

Ecco allora il compito che ci attende: introdurre di nuovo nel dibattito sociale e politico le categorie della dimensione spirituale. Non come accessorio religioso, ma come chiave di comprensione dell’umano. Parole come speranza, giustizia, compassione, fraternità, verità, non sono retoriche: sono strumenti di discernimento, condizioni per vivere insieme, fondamenti per ogni politica che voglia essere degna dell’uomo.

Senza questa luce, anche le migliori categorie politologiche e sociologiche rischiano di diventare cieche. Analizzano, ma non illuminano. Descrivono, ma non generano. Solo se lasciamo riapparire la luce della risurrezione, anche la cultura potrà tornare a essere profezia, la politica servizio, l’economia cura, e la pace una possibilità reale.

padre Antonio Teodoro Lucente
Presidente ENGIM