Si è soliti pensare che gli operatori del Terzo settore traggono soddisfazione e motivazione dal bene che fanno ogni giorno. È vero: operare con la consapevolezza che ogni azione ha una ricaduta sociale positiva, ha un forte potere motivazionale che ripaga molte delle fatiche che ogni giorno vengono affrontate.
Questo non esonera gli enti Ets dal continuare a interrogarsi su come sia possibile aumentare il ristoro psico-fisico dei propri operatori alla ricerca del raggiungimento del cosiddetto wellbeing lavorativo e personale.
ENGIM, in questo senso, è stato precursore di un percorso che nell’autunno del 2022 ha portato all’attivazione un piano di welfare voluto per riconoscere maggiormente la ricaduta sociale delle azioni dei lavoratori dell’ente (dall’incremento degli inserimenti lavorativi, al gradimento dei corsi di formazione, all’attivazione di contratti di apprendistato): in termini economici, tutti i dipendenti ENGIM possono fruire dei servizi di welfare per un valore pari a circa il 2% dell’imponibile previdenziale lordo producendo un aumento del 10% del potere di acquisto dei lavoratori.
Si tratta di un importante traguardo raggiunto partendo dalla convinzione che la valorizzazione del dipendente, attraverso sistemi incentivanti la produttività e di miglioramento della qualità dell’attività lavorativa, possa dare valore all’ente stesso. Con l’introduzione di piani di produttività e di welfare aziendale si intende valorizzare l’impegno della forza lavoro sostenendo economicamente le esigenze familiari e personali dei dipendenti dell’ente.
Per “essere felici al lavoro e del lavoro” e per decretare che un ente è un "buon posto di lavoro”, il welfare ha il suo peso anche come leva di rimotivazione professionale e di miglioramento della qualità della vita (dal "VI Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale"), ma a farla da padrona è il contratto.
Da qui la domanda che tutti gli enti formativi dovrebbero porsi: la Formazione Professionale è ancora un buon posto di lavoro se non viene rinnovato il CONTRATTO?
L’Accordo Ponte siglato il 27 febbraio scorso, che prevede l’erogazione attraverso il welfare di due tranche annuali per un totale di 400 euro, vuole essere un inizio di cammino verso il rinnovo contrattuale, ma non possiamo pensare che questo sia il surrogato di un contratto nazionale.
Si è scelto di pensare all’Accordo agendo sul welfare, ma così non si sta agendo su profili e livelli retributivi ed è carente la riflessione utile a traguardare verso il rinnovo di un contratto che deve necessariamente rimanere “nazionale” e non regionalizzato.
ENGIM è consapevole del valore del welfare e non può che essere d’accordo su un Accordo Ponte inteso come strumento temporaneo che incrementa e valorizza le possibilità dei lavoratori di affermarsi e stare bene al lavoro e nella vita privata.
Ma se da una parte l’introduzione di un piano di welfare rappresenta un vero cambio di passo per i lavoratori della formazione professionale, dall’altra deve essere solo l’inizio per un ripensamento collettivo del settore e anche lo stimolo per rinnovare un contratto nazionale fermo da troppo tempo e inadeguato alle sfide delle nuove politiche del lavoro e della formazione di giovani e adulti.
padre Antonio Lucente, presidente ENGIM
Marco Muzzarelli, direttore nazionale ENGIM